MISTRESS AMERICA: LA RECENSIONE

L’arrivo al college è un momento di cambiamento nella vita di Tracy Fishko (Lola Kirke): si ritrova a New York, la grande mela di cui tutti sanno qualcosa, ma non tutti conoscono davvero, sola, senza amici e con nessuna certezza. Tracy è una ragazza particolare: è intelligente, ama leggere e scrivere e ha il sogno di entrare nel Moebius, il club di scrittura più esclusivo della scuola. L’amicizia di Tony (Matthew Shear) è un primo passo nello sviluppo della propria sicurezza personale nella ricerca del proprio posto nel mondo, ma la vera svolta è determinata dalla conoscenza di Brooke (Greta Gerwig), la trentenne che dovrebbe diventare sua sorellastra al matrimonio dei rispettivi genitori.

Brooke è apparentemente una donna molto integrata: conosce tante persone, è spigliata, vive in una casa dal design sofisticato… Sembra la classica donna affermata, che al contempo però ha un sogno romantico, quello di aprire un ristorante dal sapore famigliare e dalle tante possibilità per gli avventori, un posto in cui sentirsi a casa in un contesto cittadino spersonalizzante e competitivo.

Il fascino esercitato da Brooke su Tracy non impedisce a quest’ultima di cogliere le fragilità della neo-sorellastra, compresi gli aspetti naive e tardo-adolescenziali che pongono le due donne su un piano simile e che inducono la studentessa ad appoggiare i sogni della nuova amica, in un rapporto di ammirazione mista a giudizio che sarà anche fonte di ispirazione letteraria. Da una delle tante frasi ad effetto che caratterizzano l’eloquio di Brooke, Tracy trova infatti lo spunto per scrivere Mistress America, il racconto breve che da una parte la fa entrare nelle grazie del club letterario, ma dall’altra potrebbe minare la stabilità dei rapporti personali che la ragazza sta costruendo.

Noah Baumbach firma una commedia sullo scontro/confronto generazionale divertente e a tratti surreale, che intrattiene piacevolmente e, seppur in contesti e situazioni al limite della credibilità, pone le basi per un’interessante riflessione sulla psicologia della nostra società, nella quale molto più che in passato le certezze e le insicurezze di adolescenti e adulti sembrano collimare e sovrapporsi.

Se inizialmente Brooke recita il ruolo di mentore nei confronti di Tracy, quest’ultima da spalla diventa per la donna una riconosciuta “guida spirituale”, in un percorso di maturazione di entrambe che rischia di allontanarle nel momento in cui si iniziano a delineare le reciproche strade.

Intorno alle due donne ruotano poi una serie di comprimari, dal già citato Tom alla ragazza di lui, Nicolette (Jasmine Cephas Jones), e all’ex migliore amica di Brooke, Mamie-Claire (Heather Lind), che innescano brillanti momenti di scontro e riflessione, indispensabili all’evoluzione della storia.

Nota di merito va a Greta Gerwig che, oltre ad essere co-sceneggiatrice del film, dona una caratterizzazione eccentrica, spiritosa ed ipertrofica alla sua Brooke, personaggio emblematico della nostra contemporaneità, in cui i sogni si trascinano nel tempo e indirizzano il nostro agire, a prescindere dall’effettiva possibilità – o nostra volontà – di realizzarli.

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