VIDEOGAME – UNA PICCOLA INTRODUZIONE

Negli ultimi cinquant’anni il videogame ha ridefinito il concetto di intrattenimento nella nostra società e il suo mercato è diventato uno dei più creativi e importanti del mondo, ma per molti aspetti è un mondo ancora sommerso.
Questo libro cerca di rispondere alle domande essenziali su cosa definisce un videogame, perché giochiamo e chi sono i videogiocatori, per condurre l’esplorazione verso fronti ulteriori.
Attraverso molteplici prospettive e approcci teorici, gli autori offrono una guida al videogame come nuovo medium della cultura pop contemporanea, mentre il racconto delle evoluzioni tecnologiche e del mercato mostra al lettore, neofita o videogiocatore, il dietro le quinte di un’industria innovativa.

Dagli arcade e Space Invaders agli acquisti in-app e Pokémon Go, una piccola introduzione al grande business del tempo sprecato 

PAGINA WEB DEL LIBRO

The Imaginative Embrayage Through Gaming Deconstructions

The Imaginative Embrayage Through Gaming Deconstructions

Enrico Gandolfi, Roberto Semprebene

 

Imaginary and technology are recursively intertwined, and digital entertainment is exemplar regarding this synergy. The myth of photo-realism aims to replicate reality, but a divergent trend is taking a foothold – i.e., generative games that allow deconstructive practices toward 1) the agential architecture supporting a specific interaction and 2) the symbolic representation on which the gaming performance relies. Such a revealing act may have a remarkable impact on how imagination is articulated and experienced. In order to shed light on the topic, in this article a multidisciplinary framework is applied to deepen three video games that let the player have an active part in shaping the game world and its features – i.e., Minecraft, Terraria, and Super Mario Maker. Suggestions from Semiotics, Cultural Studies and Game Studies lead the analysis with a peculiar emphasis on the concepts of “sign”, “circuit of culture”, and “metaphor”. Consequently, each case study is analysed according to the dimensions of representation (aesthetics), interaction (mechanics), and linearization (trailers). Therefore, specific imaginative affordances mediated through this creative technology are outlined within digital entertainment and toward interactive media.

CONTINUA

ANGRY BIRDS – IL FILM: LA RECENSIONE

A poche settimane di distanza dall’uscita di Warcraft – L’Inizio, film dedicato all’universo videoludico creato da Blizzard, ci troviamo ora a vedere i risultati della trasposizione di un videogame di successo profondamente di verso: quell’Angry Birds che ha fatto le fortune di Rovio e ha decretato l’affermazione planetaria del mobile gaming.

CONTINUA

WARCRAFT – L’INIZIO: LA RECENSIONE

Warcraft, nelle sue varie declinazioni, è uno dei brand più noti e potenti del mondo videoludico, una corazzata che, dallo strategico al mmorpg, ha coinvolto e appassionato milioni di fans, costruendo un universo di riferimento ricco di dettagli, contesti, personaggi e storie che ben si presta effettivamente a trovare una declinazione anche al cinema. Malgrado questo, adattare un videogioco di successo in un film non è mai stata cosa semplice: la storia di questi tentativi è costellata di fallimenti, con qualche rara e parziale eccezione, ad esempio la saga di Resident Evil, Silent Hill, in termini di botteghino anche e soprattutto il primo Tomb Raider…

CONTINUA

N.E.R.O. Nothing Ever Remains Obscure ARRIVA SU PC

Al momento della sua uscita su Xbox One come Nero, N.E.R.O. Nothing Ever Remains Obscure aveva spaccato critica e pubblico del Belpaese, in parte per la sua struttura peculiare, che lo rende molto più un’esperienza di introspezione che un videogioco vero e proprio, in parte (maggiore, paradossalmente), per la mancanza di una localizzazione in italiano da alcuni vissuta quasi come un tradimento, vista la nazionalità di Storm in a Teacup.

Per la sua uscita su PC, N.E.R.O. si presenta con tante piccole-grandi migliorie, che rendono molto più apprezzabile la fruizione di un’opera sicuramente fuori dai canoni.

CONTINUA

DRAGHI D’ORO 2016: I PREMI ITALIANI DEI VIDEOGIOCHI

Si è tenuta ieri, presso il Tempio di Adriano a Roma, la cerimonia di consegna dei Draghi d’Oro, i Premi Italiani del Videogioco istituiti nel 2013 da AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani).
Trionfatore della serata è stato THE WITCHER 3: WILD HUNT. A ritirare i premi ricevuti (oltre a MIGLIOR VIDEOGIOCO 2015 anche MIGLIOR VIDEOGIOCO DI RUOLO e PREMIO SPECIALE DEL PUBBLICO) è stato Konrad Tomaszkiewicz, Game Director di CD PROJEKT RED.
Sul piano italiano STORM IN A TEACUP è lo studio che è riuscito ad imporsi con N.E.R.O.: Nothing Ever Remains Obscure come MIGLIOR VIDEOGIOCO ITALIANO 2015 e MIGLIOR GRAFICA VIDEOGIOCO ITALIANO. A ritirare il premio un raggiante Carlo Ivo Alimo Bianchi, CEO della Società, insieme ad una corposa rappresentanza dello studio.

CONTINUA

ELISABETTA SILLI: UN’ITALIANA DOC ALLA CORTE DI NAUGHTY DOG

Elisabetta Silli è uno di quei bei personaggi che danno speranza non solo nel futuro, ma anche nel presente del nostro Paese, contribuendo con la loro esperienza a scrivere delle belle pagine nel libro della storia italiana del videogioco. Passata per Ubisoft, Crytek,Electronic Arts, oggi Elisabetta è game designer in Naughty Dog, forse lo studio di maggior rilievo in assoluto quando si parla di Sony e soprattutto di PlayStation. Noi l’abbiamo potuta conoscere in occasione degli scorsi Draghi d’Oro, quando The Last of Us si è imposto con autorevolezza praticamente in tutte le categorie in cui concorreva. La presenza di un’italiana nel team che ha realizzato un tale capolavoro è stato prima motivo di soddisfazione, quindi di grande stima e simpatia quando abbiamo scoperto che la ragazza in questione si dimostrava anche molto gentile e disponibile a parlare con noi. Molti avranno immaginato che, nel ricontattarla, il nostro interesse fosse perUncharted 4, gioco che potremmo definire “atteso”, se volessimo usare un eufemismo, e che indubbiamente sarebbe stato un argomento importante sul quale chiederle informazioni… Ma rapportarci ad Elisabetta voleva essere l’occasione per parlare di qualcosa che nella nostra ottica sembra essere ancora più rilevante: volevamo lanciare un segnale, smuovere entusiasmi, far sentire a tanti ragazzi che la loro passione può davvero diventare una professione. È quindi con piacere e orgoglio che vi proponiamo la nostra intervista, incentrata su di lei e su quello che vuol dire essere una game designer italiana.

Ciao Elisabetta, abbiamo già provveduto ad introdurti ai nostri lettori, ma puoi dirci tu qualcosa di te? 

Sono nata e cresciuta a Urbino, una bellissima città nelle Marche che ho dovuto abbandonare per motivi di studio e poi di lavoro. Sono cresciuta da vera e propria nerd guardando anime, leggendo manga, giocando con robottoni, D&D e videogiochi.

Come è nata la tua passione per i videogiochi e quali sono i primi passi che hai compiuto per arrivare a fare di una passione il tuo lavoro?

La mia passione per i videogiochi è nata quando ero davvero piccola e ricordo i miei cugini e mio fratello che giocavano con l’Atari. Io ero la più piccola dopo mio fratello e lui ha ben 8 anni più di me, quindi non volevano farmi assolutamente giocare con le loro console, allora per non farmi piangere mi davano solo una vita a disposizione al giorno per giocare a qualsiasi gioco loro stessero facendo. Quindi dovevo studiarmi bene le loro partite per poter giocare più a lungo.
Per me è stato importantissimo avere un pc a casa ed essere curiosa su tutte quelle cose che poi fanno parte del videogioco. Imparare le basi di programmazione, imparare grafica, composizione, video editing, animazione. Ho iniziato a familiarizzare con editor gratuiti per fare mappe per giochi come Counter Strike prima ancora di sapere che sarebbe potuto essere il mio futuro lavoro. Volevo fare videogiochi, non sapevo come o quale aspetto sarebbe stato il più interessante per me, quindi ho fatto ricerca su scuole, corsi, libri, articoli online per saperne di più.

Com’è la vita in America e il confronto costante, o meglio, il sentirsi parte di una realtà di primo piano come Naughty Dog?

La vita qua è favolosa, perché sono circondata da un sacco di developers e milioni di possibilità di confrontarsi e crescere. È così facile imbattersi in leggende dei videogiochi, parlarci e imparare qualcosa.
Ogni mese qua a Los Angeles e in altre città c’è un evento chiamato “Gamedev Drinkup” dove gli sviluppatori di qualsiasi studio si ritrovano in un bar a parlare e socializzare; senza contare tutte le conferenze come il GDC e l’E3 che sono ottime per riaccendere la passione e connettere con altri professionisti del settore. Fare parte di Naughty Dog è un privilegio: tutti si aspettano il meglio da te fuori e dentro lo studio; questo stimola a crescere e cercare di superare le aspettative. Detto questo, non sto dicendo che è facile, ma ne vale veramente la pena.

Pensi che le tue origini rappresentino un valore aggiunto per il lavoro che fai o il videogioco è un prodotto in cui le influenze culturali hanno poco peso?

Decisamente io credo che le mie origini influenzino le mie scelte in design e le persone che lavorano con me ogni giorno. Ogni giorno scambio una parola in italiano o parlo di cose italiane coi colleghi: è parte di me e molta gente ama la nostra cultura e il nostro paese.
Le influenze culturali hanno un gran peso nei videogiochi quanto negli altri media e sono meravigliose.
C’è una sensibilità diversa, messaggi diversi e valori diversi in ogni cultura trasmessi che sono evidenti nei videogiochi.

Pensi che possa esistere uno “stile italiano” per le future produzioni videoludiche? Che un po’ come successo per il cinema, quando le realtà nazionali saranno più solide, si possa avere una differenziazione nel mood di videogiochi realizzati in parti differenti del mondo o tutto sommato i videogiocatori sono una comunità che non riconosce frontiere e vincoli nazionali?

Per esempio, non sarebbe favoloso poter parlare di I-RPG come si fa di J-RPG nel futuro ? Io ci spero e mi fa tanto piacere vedere ditte di videogiochi tutte italiane, come Forge Reply, vincere premi ed essere riconosciute. Non vedo l’ora di vedere cosa il nostro paese riuscirà ad aggiungere nel mondo dei videogiochi. C’è gente di grande talento in Italia e c’è il potenziale per creare un qualcosa di unico e speciale.

L’Italia sta finalmente scoprendo i videogiochi, non certo in termini di mercato, ma da un punto di vista di sviluppo. Da vera “veterana” del settore, che consigli ti senti di dare a chi intraprende la carriera di game designer e vuol provare a farcela qui, nel Bel Paese?

Create! Ci sono tanti Editor gratuiti disponibili ora, Unity e Unreal sono strumenti incredibili per creare esempi di gioco e design. Create qualcosa di originale, date alle ditte un esempio concreto della vostra creatività e realizzate un bel portfolio, vale più di mille parole.
Ci vuole tanta determinazione e motivazione. Non bisogna mai fermarsi a pensare “non ho abbastanza esperienza per questo ruolo”, ma l’importante è bussare e farsi vedere, magari hanno bisogno anche di persone con meno esperienza e tanto talento.

BLOODBORNE – HANDS ON

Atteso, posticipato, bramato da tanti come successore spirituale della saga di Dark Souls, Bloodborne sembra avviato sulla strada del successo assicurato. Abbiamo avuto la fortuna di provare, nella sede romana di Sony Computer Entertainment, una versione non definitiva del gioco, esplorando la primissima parte del titolo fino allo scontro con il primo boss di livello.
Il fatto che la versione sperimentata non fosse ottimizzata implica la possibilità che alcune delle cose che andremo a dire subiranno qualche modifica, ma il feeling che il gioco ci ha trasmesso, lo diciamo subito, è assolutamente positiva.

Andando con ordine, il gioco è introdotto da una fase di costruzione del personaggio in linea con quanto ci si potrebbe aspettare da un titolo del genere, con un editor che, oltre alle canoniche impostazioni fisiche, include anche una divertente possibilità di scelta sul “background culturale” del nostro avatar, con opzioni varie che spaziano da “infanzia traumatica” a “nobile” con tutte le sfumature intermedie che potete ipotizzare.

CONTINUA

STAR WARS: 2 TRAILERS ESALTANO L’UNIVERSO TRANSMEDIALE CREATO DA GEORGE LUCAS

Star-Wars-Il-risveglio-della-Forza
Il lancio del nuovo teaser di Star Wars: Il Risveglio della Forza è stato probabilmente l’evento mediatico di maggiore impatto dell’ultimo periodo. La risposta dei fan a quanto il trailer ha proposto ha causato reazioni, mediamente entusiastiche, prossime all’isteria. Da quel 1977 che vide Lucas realizzare  il primo episodio, divenuto poi il quarto con l’uscita della seconda trilogia, Star Wars è diventato un vero universo transmediale: non si tratta infatti solo di uno stratosferico successo cinematografico ma di una narrazione organica che si sviluppa, ormai da decenni attraverso praticamente tutti  i media esistenti: libri, fumetti, serie tv, videogiochi, giochi di ruolo, parchi a tema, eventi live…per non parlare naturalmente del merchandising.

In poco più di un giorno il trailer online ha raggiunto quasi i 30 milioni di visualizzazioni sul solo canale ufficiale, con le immaginabili conseguenze nei social network. Il successo del video è naturalmente una dimostrazione chiara dell’attenzione suscitata da Star Wars su un pubblico vasto e molto eterogeneo, che ha una diffusione mondiale e multi-generazionale: padri, figli e nipoti uniti dalla Forza del loro amore per Guerre Stellari.

Adottando una chiara e condivisibile strategia di marketing volta a sfruttare l’hype generato dal teaser del film, Electronic Arts ha lanciato il Reveal Trailer di Star Wars Battlefront, sparatutto strategico in terza persona ambientato nel periodo storico delineato dalla prima trilogia. Il videogioco rispetto al film è un medium più difficile da approcciare, almeno per una larga fetta del pubblico cinematografico, ma il modo di promuoverlo è di derivazione e ispirazione prettamente cinematografica, pertanto tranquillamente godibile da chiunque. E la qualità cinematografica del motore grafico del gioco, unito ad una regia del video che ne esalta la spettacolarità, sono perfettamente in grado di affascinare anche chi non abbia mai preso in mano un joypad.

starwars

PERCHÉ L’OMBRA DI MORDOR È UN TASSELLO IMPORTANTE PER LA TERRA DI MEZZO?

La-Terra-di-Mezzo-LOmbra-di-MordorLa Terra di Mezzo è un luogo immaginario al quale la fantasia e la perizia di J.R.R. Tolkien hanno saputo dare una concretezza monumentale e una riconoscibilità che ha trovato il suo apice, fino ad oggi, nella cinematografia, grazie alle due trilogie realizzate da Peter Jackson. In termini video ludici quella terra contesa fra i popoli di elfi, nani, umani e le schiere di Sauron è stata protagonista principalmente delle trasposizioni a partire dai film, ma non aveva goduto di un attenzione diretta, che riprendesse storie altre rispetto alla trilogia e, soprattutto, sapesse dare conto di aspetti che si potrebbero considerare minori, ma che permettono di dare ulteriore consistenza ad un universo narrativo così perfettamente costruito da aver condizionato la produzione di ogni titolo che al mondo del fantasy faccia riferimento.

L’Ombra di Mordor fa vivere all’utente una storia che si pone cronologicamente fra le avventure di Bilbo e quelle di Frodo, dopo quindi Lo Hobbit, ma prima della trilogia de Il Signore degli anelli. Talion, ramingo deputato alla difesa del Cancello Nero, viene ucciso insieme alla sua famiglia da 3 generali dell’Orda, fra i quali il Negromante noto come “la Mano di Sauron”, che ne impedisce la morte completa infliggendogli una maledizione. Il fine dello spietato avversario di Talion è richiamare lo spettro di un altro precedente avversario dell’Oscuro Signore, che millenni prima ebbe un ruolo determinante nell’evoluzione della storia della Terra di Mezzo.

Come spesso accade sulle pagine di Four, non ci prendiamo qui l’impegno di parlarvi diffusamente del gioco – che comunque abbiamo trovato divertente, piuttosto vario e longevo, sicuramente ben realizzato da un punto di vista tecnico – quanto di valutare il modo in cui il videogioco permetta di approfondire la conoscenza di alcuni aspetti dell’universo narrativo di riferimento in modo originale, dando valore a conoscenze enciclopediche che in un contesto strettamente narrativo non avrebbero lo stesso appeal.

L’aspetto enciclopedico è forse quello più evidentemente caratteristico di un gioco che ha meccaniche riprese di peso da Assassin’s Creed e la serie di Batman, ma che a quegli approfondimenti che caratterizzano anche i due titoli citati dà più spazio e importanza: nell’evoluzione del gioco è infatti utile ai limiti del necessario conoscere le attitudini e le specificità dei vari comandanti Uruk che ci troveremo a combattere,spesso legate al ruolo che ricoprono nell’Orda, così come i punti deboli e le tecniche necessarie a sottomettere i feroci animali che vagano per Mordor. Altro aspetto al quale non si penserebbe di dare grande rilievo, ma dona invece ulteriore spessore alla narrazione, è l’attenzione riservata alla conoscenza botaniche: le erbe e i funghi che è possibile raccogliere nel corso del gioco hanno ognuna la propria descrizione e proprietà e rimandano a storie e curiosità recuperate dalle opere di Tolkien, costruendo dei rapporti di correlazione forte e diventando un motivo di ulteriore divertimento, se non a volte di vera estasi per i fan più accaniti. Personaggi noti come lo stesso Sauron, Gollum o lo stregone Saruman intervengono più o meno direttamente nella storia de L’Ombra di Mordor, altri riferimenti alla storia, soprattutto da Il Silmarillion, sono catturati nei dialoghi fra Talion e il suo “ospite” o persino nei dialoghi che si possono ascoltare fra gli altri personaggi, in un contesto costruito in maniera tale da sembrare vivo a prescindere dalle iniziative prese dal giocatore. Alla ricerca di piante, caccia a specifici animali, all’esplorazione di determinate aree sono associati veri obiettivi di gioco, andando ad integrare in modo organico aspetto narrativo e ludico, rafforzando in quest’unione la qualità dell’attività di gioco, sia per i fan di Tolkien che per chi semplicemente ama la completezza nel rapportarsi ai giochi che intende portare a termine. Ma sorprendeentemente, o forse no, questa cura contribuisce anche alla qualità dell’intrattenimento offerto chi può divertirsi anche solo guardando giocare un altra persona, aprendo nuove prospettive sul concetto di “narrazione interattiva”.