A BEAUTIFUL DAY: LA RECENSIONE

Veterano di Guerra ed ex federale, Joe (Joaquin Phoenix) si guadagna da vivere per sé e per l’anziana madre come agente mercenario, nel contesto di una New York dove i fasti di Manhattan restano solo sullo sfondo. Nel suo passato c’è una storia di abusi e violenze, subite da lui e dalla madre a causa di un padre sadico, che ha lasciato profondi segni nella psiche dell’uomo.

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SULLY: LA RECENSIONE

Il 15 gennaio 2009 New York visse un miracolo, unico nella storia dell’aviazione civile: l’airbus A320 in servizio per il volo US Airways 1549, pilotato dal comandante Chesley Sullenberger, riuscì in un ammaraggio d’emergenza sul fiume Hudson senza che nessuna delle 155 persone a bordo perdesse la vita. Quindici anni dopo Clint Eastwood dirige l’adattamento cinematografico dell’autobiografia di Chesley “Sully” Sullenberg, celebrando l’evento che stupì e commosse una città e una Nazione piuttosto restia a credere nei miracoli da otto anni a quella parte.

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CAFE’ SOCIETY: LA RECENSIONE

Gli anni Trenta in America. Cinema e locali notturni, Los Angeles e New York, amori effimeri e amori eterni. Sono tante le contrapposizioni di fronte al giovane Bobby Dorfman (Jesse Eisenberg), newyorkese a cui il Bronx ha cominciato a stare stretto e che ha cercato fortuna a Hollywood, dove lo zio Phil (Steve Carrell) è uno dei più noti e potenti agenti in circolazione. Bobby riesce a trarre il massimo dall’opportunità, soprattutto grazie agli incontri con Vonnie (Kristen Stewart), di cui il giovane si innamora perdutamente, e la coppia Rad (Parker Posey) e Steve (Paul Schneider), agente di modelle e produttore che lo prenderanno in simpatia e lo aiuteranno. Se la storia d’amore con Vonnie procede, lenta ma inesorabile, Bobby sente forte il richiamo del suo luogo d’origine. Vorrebbe tornare a New York con Vonnie ma la decisione è resa estremamente ardua da uno sconvolgente segreto che turberà gli equilibri della coppia e non solo. Tornato a New York, Bobby si lancia nel business dei locali notturni, divenendo presto un’autorità per la bella vita newyorchese. Ma qualcosa gli impedisce di godere della sua felicità.

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MISTRESS AMERICA: LA RECENSIONE

L’arrivo al college è un momento di cambiamento nella vita di Tracy Fishko (Lola Kirke): si ritrova a New York, la grande mela di cui tutti sanno qualcosa, ma non tutti conoscono davvero, sola, senza amici e con nessuna certezza. Tracy è una ragazza particolare: è intelligente, ama leggere e scrivere e ha il sogno di entrare nel Moebius, il club di scrittura più esclusivo della scuola. L’amicizia di Tony (Matthew Shear) è un primo passo nello sviluppo della propria sicurezza personale nella ricerca del proprio posto nel mondo, ma la vera svolta è determinata dalla conoscenza di Brooke (Greta Gerwig), la trentenne che dovrebbe diventare sua sorellastra al matrimonio dei rispettivi genitori.

Brooke è apparentemente una donna molto integrata: conosce tante persone, è spigliata, vive in una casa dal design sofisticato… Sembra la classica donna affermata, che al contempo però ha un sogno romantico, quello di aprire un ristorante dal sapore famigliare e dalle tante possibilità per gli avventori, un posto in cui sentirsi a casa in un contesto cittadino spersonalizzante e competitivo.

Il fascino esercitato da Brooke su Tracy non impedisce a quest’ultima di cogliere le fragilità della neo-sorellastra, compresi gli aspetti naive e tardo-adolescenziali che pongono le due donne su un piano simile e che inducono la studentessa ad appoggiare i sogni della nuova amica, in un rapporto di ammirazione mista a giudizio che sarà anche fonte di ispirazione letteraria. Da una delle tante frasi ad effetto che caratterizzano l’eloquio di Brooke, Tracy trova infatti lo spunto per scrivere Mistress America, il racconto breve che da una parte la fa entrare nelle grazie del club letterario, ma dall’altra potrebbe minare la stabilità dei rapporti personali che la ragazza sta costruendo.

Noah Baumbach firma una commedia sullo scontro/confronto generazionale divertente e a tratti surreale, che intrattiene piacevolmente e, seppur in contesti e situazioni al limite della credibilità, pone le basi per un’interessante riflessione sulla psicologia della nostra società, nella quale molto più che in passato le certezze e le insicurezze di adolescenti e adulti sembrano collimare e sovrapporsi.

Se inizialmente Brooke recita il ruolo di mentore nei confronti di Tracy, quest’ultima da spalla diventa per la donna una riconosciuta “guida spirituale”, in un percorso di maturazione di entrambe che rischia di allontanarle nel momento in cui si iniziano a delineare le reciproche strade.

Intorno alle due donne ruotano poi una serie di comprimari, dal già citato Tom alla ragazza di lui, Nicolette (Jasmine Cephas Jones), e all’ex migliore amica di Brooke, Mamie-Claire (Heather Lind), che innescano brillanti momenti di scontro e riflessione, indispensabili all’evoluzione della storia.

Nota di merito va a Greta Gerwig che, oltre ad essere co-sceneggiatrice del film, dona una caratterizzazione eccentrica, spiritosa ed ipertrofica alla sua Brooke, personaggio emblematico della nostra contemporaneità, in cui i sogni si trascinano nel tempo e indirizzano il nostro agire, a prescindere dall’effettiva possibilità – o nostra volontà – di realizzarli.

SINGLE MA NON TROPPO: LA RECENSIONE

Il regista tedesco Christian Ditter dirige il cast di Single ma non troppo, composto da Dakota Johnson, Rebel Wilson, Damon Wayans Jr., Anders Holm eAlison Brie per descrivere la percezione del rapporto di coppia nella New York di oggi, fra stereotipi e cliché datati e prevedibili.

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Recensione di Io sono Leggenda

io sono leggenda

Data l’incredibile hype creatasi intorno a questo film, le mie aspettative in merito allo stesso non erano delle migliori, perché generalmente vengo deluso  dai titoloni roboanti… Fortunatamente, almeno in parte, mi sono potuto ricredere. Il mio lato sborone ha goduto non poco delle scene iniziali, nelle quali il buon Smith, che dà volto e fisico bestiale al protagonista Robert Neville, se ne va in giro a tutto gas in una New York post apocalittica su una fiammante Mustang GT 500 rossa, ovvero la macchina che se fossi in America vorrei per fare il coatto in giro!

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