Dopo averlo visto come comprimario in Captain America: Civil War, Re T’Challa, alias Black Panther (Chadwick Boseman), torna sul grande schermo con un film a lui dedicato, diretto da Ryan Coogler, portatore di novità più interessanti su carta che in video. Black Panther si situa cronologicamente dopo i fatti raccontati in Captain America: Civil War: T’Challa deve sostenere la prova rituale che lo incoronerà re di Wakanda, paese africano che dissimula di fronte al mondo la propria ricchezza e tecnologia.

Penso che questo film sia un’originale reinterpretazione dell’episodio di Caino e Abele: in quel caso era il fratello cattivo a uccidere quello buono, qua invece lo schema viene ribaltato. Meno originale, ma comunque significativa la riflessione che il film suggerisce sulla corretta gestione del potere: il cattivo del film regna in modo tirannico e dispotico, e quindi finisce per perdere tutto; Black Panther invece è un sovrano saggio e moderato, e quindi i suoi sudditi non gli voltano le spalle neanche nel momento di maggiore difficoltà. Sembra un messaggio banale, ma evidentemente non è così ovvio per tutti, dato che in tutto il mondo abbiamo dei politici che gestiscono il loro potere con lo stesso odio e la stessa spietatezza di Killmonger.
Nonostante i meriti che ho elencato, reputo esagerato il successo di critica e di pubblico riscosso da Black Panther. Ritengo che su di esso abbiano influito dei fattori esterni al film: per quanto riguarda gli incassi abnormi, sono dovuti al fatto che per la prima volta la comunità afroamericana ha avuto un supereroe di colore in cui identificarsi, e quindi è andata a vederlo in massa (trainando poi anche il resto degli spettatori); per quanto riguarda le numerose candidature all’Oscar, le imputo al fatto che l’Academy negli ultimi anni ha ricoperto d’oro tutti i film che fossero etichettabili come anti – Trump, e in questo senso un cinecomic con un protagonista nero si prestava perfettamente allo scopo.
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