#appuntidiviaggio: MALTA

Dopo due settimane in cui mi sono abituato a partenze in orari improbabili, la sveglia alle 6.00 per la trasferta del weekend a Malta di questa settimana è risultata particolarmente agevole, e così, ecco che alle 9.30 sono nella terra dei Cavalieri.

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Ad accogliermi c’è il padrone del B&B che ho prenotato: mi è venuto a prendere in macchina, perché pur essendo abbastanza centrale, il B&B non è immediato da raggiungere. La scelta di farmi accompagnare si rivela azzeccata anche perché Marco è simpaticissimo e inizia subito a spiegarmi una serie di cose sull’isola e sui suoi abitanti. Non me ne vogliano i Maltesi, ma non sapevo ad esempio che il maltese fosse una lingua a sé, frutto di una sorta di fusione fra l’arabo e il latino, codificata ex post grazie ai Cavalieri di San Giovanni. Non ho avuto ancora occasione di verificare tali informazioni, ma mi son sembrate verosimili e interessanti. Ovviamente però a Malta l’inglese lo parlano tutti ed è molto diffuso anche l’italiano, per evidenti ragioni di contiguità geografica, soprattutto fra i meno giovani che hanno avuto modo di impararlo, un po’ come gli stessi italiani, dalla televisione.

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Quel che salta all’occhio subito, una volta arrivati a Malta, è il contrasto fra il blu del cielo e del mare e l’ocra chiara di buona parte degli edifici, costruiti in una pietra che si scurisce nel tempo a causa delle piogge ricche di sabbia del deserto, provenienti dalla Libia, determinando dei cambi di tonalità che, come gli anelli di un albero, possono dare un’idea approssimativa dell’età degli edifici. Naturalmente esistono anche edifici moderni, ma la pietra è comunque molto diffusa anche fra le costruzioni non storiche.

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Giunto al B&B ho fatto la conoscenza anche di Josie, la proprietaria della struttura in cui ho alloggiato. Oltre ad aver arredato con gusto i locali e avermi dato una camera che non avrebbe sfigurato in un 4 stelle, Josie mi ha illustrato La Valletta e i modi migliori di raggiungerla e visitarla, semplificandomi molto la gestione del tempo a disposizione, in questa occasione meno del solito con il volo di rientro la domenica pomeriggio.

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Uscito dal B&B, mi sono subito reso conto che anche Malta, come Lisbona, è una realtà per camminatori che non temono i dislivelli…Per arrivare al traghetto (costo €1.50 o €2.80 per l’A/R) ho attraversato il quartiere di San Julian percorrendo una linea retta che lo taglia a metà, incurante della collina su cui è costruito.

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Il quartiere, che non fa parte della zona più antica della città, presenta comunque una delle caratteristiche base dei palazzi di Malta: i balconi coperti che spuntano un po’ su qualsiasi muro, rendendo il passeggiare per le lunghe vie un’attività dal contesto sempre vario.

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Il traghetto da St. Julian a La Valletta è anche un’occasione per vedere la città dal mare e verificare come si tratti di una roccaforte, di cui il Forte Sant’Elmo è il punto inespugnabile. Sceso a terra eccoci di fronte ad una nuova maxi-salita…essendo arrivato dal mare, la prima cosa che ho fatto è stata recarmi alle porte della città per vedere l’accesso da terra, con i bastioni delle spesse mura ad introdurre su una piazza molto originale, nella sua commistione di antico e moderno. Fra centro congressi, negozi e zona concerto all’aperto l’effetto complessivo è gradevole e curioso.

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Girando a destra sono finito su un’altra ampia piazza, sul cui lato si sviluppa un bel giardino con vista panoramica sulle Tre Città, i tre conglomerati urbani sviluppatisi sulle altrettante lingue di terra al di là della baia. Al pari di La Valletta, si tratta di vere e proprie roccaforti, ricostruite in modo disordinato ma in qualche modo armonioso dopo i bombardamenti subiti durante la Seconda Guerra Mondiale. Dall’angolo del giardino si può prendere un ascensore che porta al livello del mare, essendo La Valletta costruita in posizione sopraelevata.

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Uscito dal giardino ho girato a lungo fra le tante vie del centro di cui le tre principali sono rette parallele che congiungono l’area della piazza principale e il Forte Sant’Elmo sulla punta della penisola. Camminare per Malta, al di là dei saliscendi, è piacevole per la serie di profumi che riempiono l’aria: sarà che era quasi l’ora di pranzo, ma fra odore di pane, dolci e pietanze varie c’era di che rimanere inebriati. Mi son sforzato di proseguire ancora un po’ prima di mangiare, visitando la cattedrale e quindi peregrinando fra le varie chiese (anche di diverse confessioni, dagli anglicani agli ortodossi) e i palazzi del potere di una città che ha visto passare veramente tanti conquistatori: romani, arabi, cavalieri, francesi, inglesi… ognuno ha lasciato il suo segno in una terra che per tanti versi, pur avendo una forte identità nazionale, è un inno al multiculturalismo. Alla fine il pranzo l’ho ritardato totalmente per visitare il Forte Sant’Elmo. La visita interna è interessante per come la mostra sulla storia del forte è contestualizzata rispetto agli eventi contemporanei: secoli di storia si dipanano lungo un percorso che ha visto questa piccola isola, così strategicamente localizzata, sempre al centro di tutti i movimenti di popoli ed eserciti, tanto da avere ancora oggi una sua riconosciuta rilevanza.

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Al termine della visita mi son concesso un rapido pranzo in un bistrot molto carino. Il piatto tipico di Malta sembra sia il coniglio… La cosa mi ha un po’ sorpreso, ma non essendone un’amante ho ripiegato su un meno tipico spaghetto alle vongole, per altro di discreta fattura. Dopo pranzo il mio giro è proseguito con la visita delle Tre Città. Anche qui si giunge rapidamente con un vaporetto che funziona al pari di un autobus. Rispetto a La Valletta le  Tre Città presentano architetture più variegate, dovute alle ricostruzioni post II Guerra Mondiale, e ospitano una Marina di piccole dimensioni ma molto ben organizzata e tenuta. La sensazione generale passeggiando per le vie di Malta è di un paese tranquillo, sia socialmente che economicamente: i servizi funzionano bene, la gente è affabile e disponibile… Insomma ci si trova bene, tanto più che l’economia è effettivamente in crescita, l’imposizione fiscale non è elevata e ci sono tanti incentivi.

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Queste informazioni mi sono state date da un amico che si è trasferito a Malta da 3 anni ed è contentissimo della scelta. Con lui e un terzo amico, che fa invece la spola fra qui e lì, siamo andati a cena nei pressi di St. Julian e, tanto per sottolineare il benessere diffuso, non avendo prenotato abbiam dovuto girare 4 ristoranti per trovarne uno che avesse posto. La cena è stata occasione per vedere la parte più viva della città e verificare come l’offerta di ristoranti sia ampia e variegata, con tutte le cucine tipicamente presenti in una qualunque metropoli –  cosa che di fatto il conglomerato composto da La Valletta e realtà limitrofe non è – rappresentate. Noi alla fine abbiamo optato per un ristorante…italiano…non voletemene, il contesto non ha permesso il lusso della scelta.


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L’indomani, con la partenza fissata nel primo pomeriggio, dopo abbondante colazione mi sono recato in un paesino dal nome impronunciabile, Marsaxlokk. L’idea della trasferta me l’hanno data i gestori del B&B, dicendomi che, oltre a trattarsi di un classico villaggio di pescatori, la domenica si tiene un mercato del pesce particolarmente apprezzato. Sotto una pioggia piuttosto insistente, mi sono avviato e sono arrivato in questo paesino dopo un paio di cambi d’autobus. Il mercato si sviluppa praticamente lungo tutto il lungomare di Marsaxlokk e in effetti non si vende solo pesce, ma un po’ di tutto, in un mix di colori e profumi – anche il pesce è evidentemente freschissimo e non si sente quell’odore che mi fa passare in apnea davanti alle pescherie. Preso qualche souvenir, mentre tornava a splendere il sole, e ammirate le coloratissime barchette locali, è arrivata l’ora di tornare sui miei passi e avviarmi verso l’aeroporto, soddisfatto di un nuovo “weekend molto fuori porta”.

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#appunti di viaggio: BUCAREST

Approfittando di un’ottima offerta trovata sul sito di Ryan (20€ per un viaggio andata e ritorno tasse incluse!) ho deciso di passare un weekend toccata e fuga a Bucarest, capitale della Romania, una di quelle mete che non credo avrei mai scelto per un viaggio più lungo.
La grossa convenienza economica non corrispondeva ad una grande comodità dei voli, non tanto per i limiti intrinseci della compagnia, ma per l’orario del volo di andata: 6.30 del mattino da Ciampino… A dispetto dell’alzataccia, però, avendo dormito per l’intera tratta, mi sono ritrovato a godere integralmente della prima giornata, cosa che su una permanenza così breve ha avuto grande rilevanza. Bucarest mi ha accolto con una pioggerellina neanche troppo fastidiosa ed un clima freddo, ma non gelido. Dall’aeroporto alla città ho scelto di prendere l’autobus ed è la soluzione che consiglierei a chiunque decida di visitare la capitale rumena: con meno di 10 Lei, corrispondenti a circa 2.50€, si prende la tessera e ci si trova caricati i viaggi di andata e ritorno, sfido a trovare un contesto più conveniente. Per altro, il bus compie un tragitto che si conclude a Piata Unirii, un’enorme piazza che può essere considerata il centro della città, percorrendo un tragitto che permette di vedere alcuni dei monumenti di Bucarest, come l’Arco di Trionfo, e percorrere viali caratteristici.

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Proprio su questi viali ho avuto la prima impressione di come questa città, e probabilmente l’intero paese, sembri sospeso fra la tradizione pre-comunista, con begli edifici molto centro europei, e le vestigia autocelebrative della pesante dittatura dalla quale i rumeni si sono liberati nel 1989. A contornare questi due elementi, palazzi che sembrano tutti rimandare ad un’immensa periferia, ma che di fatto si trovano anche nel bel mezzo della città, in un amalgama di bello, monumentale, pacchiano e squallido, che nell’insieme in qualche modo risulta affascinante… È come se di palazzo in palazzo, anche in una stessa via, si viaggiasse continuamente avanti e indietro nel tempo.20160228_123020
Arrivato in albergo, una struttura comoda e moderna posizionata strategicamente fra la piazza centrale e la città vecchia, mi sono concesso una doccia prima di partire in esplorazione. Non avevo un programma particolare, ma in un certo senso è la città stessa a guidare il turista: essendone a ridosso sono passato per la Città Vecchia, imbattendomi per prima cosa nei pochi resti della corte di Re Vlad, il famoso Dracula. Niente di straordinario: davvero poco è sopravvissuto e in mancanza di indicazioni e del busto del suddetto presunto vampiro, probabilmente avrei scambiato il sito per una delle tante aree di costruzione o in apparente stato d’abbandono che capita di incrociare un po’ ovunque in città.20160227_122452

La Città Vecchia è la zona dei locali e, seppur fosse solo mattina, già si poteva intuire una vita notturna abbastanza ricca.
Sbucato in qualche modo sulla riva del fiume Dambovita, che attraversa la città, ho deciso, anche complice la pioggia, di andare al Palazzo del Parlamento, la più imponente opera del regime di Ceausescu, che però il dittatore non vide mai compiuta. Frutto della megalomania del dittatore, il Palazzo è il secondo edificio più grande del mondo dopo il Pentagono e indubbiamente la sua imponenza, ma anche grazia, non lasciano indifferenti.20160227_124243

Le visite all’edificio sono ben organizzate e i tour sono disponibili in varie lingue, italiano compreso. Per una questione di tempi e opportunità io ho preso parte ad una visita in inglese, tenuta da una guida, Oana, tanto carina quanto brava e appassionata nel raccontarci la storia è le peculiarità del palazzo. La visita permette di vedere solo un 5% dell’edificio, ma corrisponde comunque a  circa 1h e 1/2 di visita e ad una passeggiata di 2km fra le sale, i corridoi e le scalinate di un mausoleo costato il 30% del PIL del paese in un’epoca in cui gli stessi che lo costruivano vivevano per mezzo di tessere annonarie… Essendo stato completato a dittatura finita, il palazzo è diventato più un simbolo della nuova Repubblica di Romania che vestigia del passato, mettendo un po’ tutti d’accordo sulla sua accettazione. La nota di colore è che la balconata modello Piazza Venezia ipertrofica fu usata per la prima volta da… Michael Jackson! Che per salutare i suoi fan disse ‘I love you BUDAPEST!”… Malgrado questo il re del pop ha anche una strada a lui dedicata in città, cosa che per esempio a Roma non mi risulta…20160227_124952
Finita la visita ho continuato a gironzolare senza una meta precisa, fra enormi parchi cittadini e l’affascinante guazzabuglio architettonico che ogni strada di Bucarest rappresenta, per poi mangiare all’ ora del the una via di mezzo fra un pretzel e un panino prosciutto e formaggio – per altro molto gustoso – preso in uno dei tanti take away tradizionali che si incontrano in giro.IMG_20160227_161629
Naturalmente anche Bucarest è coinvolta nel processo di globalizzazione  mondiale: Starbucks è immancabile, così come tutte le marche tradizionalmente presenti in qualsiasi centro commerciale, compreso quello apparentemente gigantesco sulla piazza centrale.20160227_164643
A dispetto della presenza di linee metropolitane e autobus piuttosto efficienti, ho potuto tranquillamente girare a piedi: le distanze in centro non sono proibitive e personalmente mi diverto di più seguendo itinerari non predefiniti.
La sera la Città Vecchia ha mantenuto le sue promesse, presentandosi luminosa e piena di vita. Anche essendo da solo in giro – anzi, forse a causa di questo – ho dovuto aspettare parecchio per trovare posto in uno dei tanti ristoranti tipici, Caru’ Cu Bere, che nel caso in specie mi ha ricordato molto le classiche birrerie tedesche, sia per gli arredi che per i piatti a forte prevalenza di carne. 20160228_130910Oltre ai locali tipici ho avuto modo di vedere ristoranti di tutti i tipi: greco, giapponese, italiano, francese, turco, vietnamita, texmex… In questo Bucarest mi è sembrata assolutamente allineata con qualsiasi altra capitale europea. L’indomani ho proseguito i miei giri, la pioggia non c’era più, ma permaneva un’atmosfera grigia stile Londra, che creava un po’ un tutt’uno con la città. Sì, perché in effetti, a prescindere dalla tipologia di edifici, il colore dominante di Bucarest è indubbiamente il grigio… 20160227_162012Non si può parlare di una città colorata, salvo i palazzi istituzionali, che il più delle volte sono rivestiti in marmo, e il verde dei parchi cittadini, che sono tanti, grandi e mediamente molto curati e dotati di tanti accessori. In particolare mi ha divertito vedere aree attrezzate per lo sport letteralmente gremite di over 60enni, accanto ai parchi giochi per bambini, entrambi davvero ben tenuti. Confesso di aver preferito enormi passeggiate in giro alla visita di qualche museo, ma davvero le peculiarità architettoniche di questa città mi hanno affascinato. 20160227_163155

Riguardo alla popolazione, devo dire di non aver avuto occasione di approfondire la conoscenza di nessuno, ma su un piano generale ho trovato un po’ ovunque persone gentili e disponibili. Per strada non ho mai avuto la sensazione di dover fare attenzione a chicchessia, neanche nei quartieri meno centrali. Ci sono tanti giovani, per disposizione personale ho fatto più caso alle ragazze, che in media sono molto carine. Quello che mi ha colpito però è che, almeno per quanto ho fatto caso io, non sorridono tantissimo e lo fanno molto poco con gli occhi. Forse è stata solo una coincidenza, ma ci trovo una similitudine con la città, che ha le potenzialità per essere davvero bella, ma non ancora la sicurezza di chi si sente tale.

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