Crescere è di per sé una sfida, ma quando si abita nella Vasca, una zona nel sud della Louisiana a ridosso del fiume e considerata inadatta all’insediamento a causa del continuo rischio di inondazioni, la sfida diventa davvero ardua e solo i più forti, i più selvaggi, possono sperare di sopravvivere. Hashpuppy è solo una bimba, ma è anche un’abitante della Vasca e fiera di esserlo, così come suo padre Wink le ha insegnato. La vita scorre, in situazioni abituali, abbastanza placidamente: gli abitanti della Vasca hanno poco o niente, vivono in baracche costruite con materiali di scarto e navigano il fiume su barche improvvisate, ma sono del tutto impreparati alla tempesta che sta per abbattersi su di loro. L’uragano che li colpisce li lascia senza risorse e senza speranze, ma la determinazione della piccola Hashpuppy sarà la molla capace di aggiustare il meccanismo che regola le loro esistenze.
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Recensione di Detachment – Il distacco
“E non mi sono mai sentito così profondamente distaccato da me stesso e al contempo così presente nel mondo”. Con questa citazione da Camus si apre film di Tony Caye, già autore di American History X, che si presenta come un’opera interpretabile su più livelli.
Henry Barthes (Adrien Brody) è un supplente, un professore “a tempo” che accompagna per una parte dell’anno scolastico ragazzi di scuole diverse, senza mai prendere in carico la loro educazione per periodi prolungati. Il distacco è la principale caratteristica dell’uomo, che sembra non sentirsi coinvolto da nulla di quanto la vita gli presenta, malgrado la situazione che si trova ad affrontare sia tutt’altro che neutra: l’incarico assunto è in una scuola di un quartiere disagiato, frequentata da ragazzi senza prospettive o speranze, suo nonno è in un ospizio in cui si prendono malamente cura di lui e, come se questo non bastasse, il professore si ritrova ad accogliere in casa e curare una prostituta minorenne.