HUMANDROID: LA RECENSIONE

In una società sempre più polarizzata e violenta, il Sudafrica diviene testa di ponte per l’adozione di automi all’interno delle forze dell’ordine: le unità “Scout”, progettate dal geniale Deon (Dev Patel) e adottate dalla polizia sudafricana, hanno contribuito in modo determinante alla riduzione della criminalità. Il successo di Deon – al contempo causa della rabbia di Vincent (Hugh Jackman), progettista meno brillante e legato a un concetto di robotica più pesante – non è un punto di arrivo: la sua ambizione è infatti creare un robot che abbia coscienza di sé e che sappia apprendere e provare emozioni esattamente come un essere umano. Il sogno non trova però il supporto della CEO (Sigourney Weaver) dell’azienda per la quale lavora, che non vede in esso alcun margine di profitto. Tuttavia l’occasione si presenta nel momento in cui l’unità 22 viene danneggiata in modo irreparabile e lui ha modo di prenderla e installarci il software sul quale lavora da tempo. Peccato che una banda di disadattati, Ninja, Yolandi e America, riesca a impadronirsi del droide, che avrà così i peggiori insegnanti per apprendere cosa significhi essere senziente. È così che nasce Chappie: un robot con le competenze e le capacità di apprendimento di un neonato, al quale insegnare, con intenti ben diversi, come si sopravvive e ci si rapporta con il mondo. Le conseguenze di questa “educazione” innescheranno reazioni a catena, che vedranno tutti i personaggi coinvolti cercare di difendere il proprio tornaconto e le proprie ambizioni in una guerra che difficilmente potrà vedere dei netti vincitori e dei palesi sconfitti.

CONTINUA

TERMINATOR GENISYS: LA RECENSIONE

Terminator è un mito assoluto della cinematografia contemporanea. Almeno per quanto concerne i primi due episodi, che sono voci importanti del curriculum di James Cameron e punti di riferimento per il cinema di fantascienza tout court. A questi film è seguita un’altra coppia di episodi cinematografici e una versione televisiva, che hanno espanso l’universo narrativo in cui si combattono Skynet e i Connor ma che hanno anche rappresentato un allontanamento dallo spirito e dalle modalità espressive che avevano saputo imporsi con la protervia di un cyborg in caccia. Terminator Genisys è un esperimento totalmente altro, la vulgata di un mito cinematografico che ha il chiaro intento di rendersi digeribile a tutti, inseguendo – di fatto – le modalità espressive dei film Marvel. Laddove i primiTerminator avvincevano per l’estrema “serietà” di quanto messo sullo schermo, in un continuo inseguimento in cui a farla da padrone era l’ansia per l’impossibilità di arrestare la meccanica ferocia del Terminator (T-800 o T-1000 che fosse), in Genisys la volontà è quella di sciacquare l’azione nello humour, stemperando i toni di un racconto che si fa molto meno claustrofobico.

CONTINUA

Recensione di Real Steel

real steel

In un futuro prossimo e verosimile, Charlie Kenton (Hugh Jackman) è un ex pugile che si guadagna da vivere assemblando robot e allenandoli per la robot boxe, una nuova forma d’intrattenimento che vede enormi automi dall’aria truce darsele di santa ragione su ring non proprio ufficiali. La morte dell’ex compagna lo mette di fronte alla necessità di prendersi cura, almeno per un’estate, di Max (Dakota Goyo), il figlio undicenne di cui non si è mai occupato. Nel corso dell’estate, dopo il fortuito ritrovamento del robot Atom, i due saranno proiettati in una straordinaria scalata al successo nella robot boxe e nella costruzione di una vera relazione padre-figlio.

Continua: http://www.silenzio-in-sala.com/recensione-real-steel-cuori-d-acciaio.html

Recensione di Io, Robot

 

Io-RobotSiamo nel 2035, un futuro quanto mai prossimo in cui l’avanzamento tecnologico ha portato alla diffusione capillare dei robot nella realtà di ogni giorno: gli automi sono impiegati per qualsiasi attività e sembra ormai impossibile fare a meno di loro. In questo mondo, il detective Spooner (Will Smith) è chiamato ad indagare sulla morte del genio della robotica Alfred Lanning (James Cromwell), precipitato dopo aver sfondato la parete di vetro del suo ufficio a pochi giorni dall’uscita sul mercato di una nuova serie di automi da lui sviluppati. Malgrado i robot siano programmati secondo le tre leggi della robotica di asimoviana memoria, l’insieme delle quali dovrebbe impedire che un automa possa nuocere gli umani, Spooner è talmente convinto della loro stupidità e pericolosità da imbarcarsi in una sorta di crociata personale contro di essi, in particolare contro Sonny, l’esemplare della nuova generazione cui attribuisce la responsabilità della morte di Lanning.

Continua su: http://www.silenzio-in-sala.com/recensione-io-robot.html