ROMA CITTÀ MORTA DIARIO DI UN’APOCALISSE DI LUCA MARENGO E GIACOMO KEISON BEVILACQUA

Gli zombie negli ultimi anni sono il tema portante di una grande parte della fiction, declinata su tutti i media disponibili: film, videogiochi, libri, fumetti…da The Walking Dead a Resident Evil, passando per Diario di un sopravvissuto agli zombie e World War Z. In questo panorama era difficile ipotizzare di poter dire qualcosa di originale sull’argomento… Luca Marengo e Giacomo “Keison” Bevilacqua sono però riusciti nell’impresa, inventandosi non solo una forma narrativa mista, che fonde testo e disegno, con l’aggiunta di un paio di QR Code, ma declinando il fenomeno dei morti viventi in una chiave sociale
molto esplicita e completamente italiana.

Roma Città Morta è un esperimento originale, che per altro si propone di essere il capostipite di una serie potenziale di operazioni analoghe, che vedano artisti provenienti da campi diversi – l’ipotesi di associare nuovamente uno scrittore e un fumettista sembra la più fattibile, ma chi può dirlo… – per raccontare la realtà di un’Italia post-apocalittica, in cui altre città, oltre la capitale, affrontano a loro modo la vorace minaccia non-morta.

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TERMINATOR GENISYS: LA RECENSIONE

Terminator è un mito assoluto della cinematografia contemporanea. Almeno per quanto concerne i primi due episodi, che sono voci importanti del curriculum di James Cameron e punti di riferimento per il cinema di fantascienza tout court. A questi film è seguita un’altra coppia di episodi cinematografici e una versione televisiva, che hanno espanso l’universo narrativo in cui si combattono Skynet e i Connor ma che hanno anche rappresentato un allontanamento dallo spirito e dalle modalità espressive che avevano saputo imporsi con la protervia di un cyborg in caccia. Terminator Genisys è un esperimento totalmente altro, la vulgata di un mito cinematografico che ha il chiaro intento di rendersi digeribile a tutti, inseguendo – di fatto – le modalità espressive dei film Marvel. Laddove i primiTerminator avvincevano per l’estrema “serietà” di quanto messo sullo schermo, in un continuo inseguimento in cui a farla da padrone era l’ansia per l’impossibilità di arrestare la meccanica ferocia del Terminator (T-800 o T-1000 che fosse), in Genisys la volontà è quella di sciacquare l’azione nello humour, stemperando i toni di un racconto che si fa molto meno claustrofobico.

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Recensione di Resident Evil: Retribution

resident evil retribution

Creare un videogioco e realizzare un film sono due cose molto diverse, che implicano competenze, modalità di fruizione, approcci differenti. Ad oggi sono pochi i film che hanno saputo essere buone trasposizioni di videogiochi, sono più i videogiochi riveelatisi in grado di trasporre i film da cui derivano, delineando un rapporto fra media potenzialmente esplosivo, ma che non ha ancora trovato una formula universale per non esplodere in mano ai realizzatori. La serie di Resident Evil è un brand in cerca della propria identità: distaccatasi fin dall’inizio dal videogioco, la versione cinematografica ha puntato tutto sul personaggio di Alice (Milla Jovovich), creata ad hoc per diventare protagonista di una narrazione sci-fi/action/horror i cui riferimenti al gioco sono concreti solo nel secondo capitolo. Sul grande schermo la serie è giunta oggi al quinto episodio, tornando nelle mani di Paul W.S. Anderson, che ne aveva diretto il primo e il quarto adattamento.

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